L’azione cristiana tra la guerra civile e la pandemia

Imeldini e bambini a Myanmar

Lo scorso 1 febbraio 2021 i militari, dopo aver arrestato il leader del Paese Daw Aung Sun SuKyi e il presidente U Win Myint, hanno preso il potere a Myanmar. Il popolo, rifiutando la guida militare, ha iniziato a protestare e a manifestare pacificamente. Ogni tentativo, sia a livello nazionale che internazionale, di ristabilire il governo legittimo è rimasto inascoltato e le ripetute violenze perpetrate dall’esercito contro i manifestanti hanno portato a una guerra civile che in breve ha coinvolto tutto il Paese.
A Loikaw (Stato di Kayah), dove sr. Elisabeth e io viviamo, le persone si sono rifugiate nella giungla con il poco di cose e di cibo che potevano portare con sé. Alcune famiglie sono state separate nello sforzo di cercare un posto più sicuro. Anche noi siamo state separate dalla nostra consorella, sr. Mary, che si trovava in vacanza con la famiglia, nella zona dove sono scoppiate le prime sommosse. Prima di poter raggiungere un campo di rifugiati sr. Mary è rimasta nascosta per mesi nella foresta con i suoi parenti e la gente del villaggio. Ma la vita nella giungla non è per niente facile: si fa molta fatica a procurarsi cibo, acqua e un riparo sicuro. 

Eroi sono quelli che, senza clamore e nel silenzio, operano nell’amore e nel coraggio e salvano vite umane.

Per l’occasione il centro di formazione giovanile dove viviamo, io e sr. Elisabeth, è diventato un campo profughi. La spesa, la manutenzione del giardino, l’assistenza agli ammalati: ci prendiamo cura degli sfollati come membri di una sola e grande famiglia. Molti, traumatizzati psicologicamente e spiritualmente, chiedono principalmente conforto. La nostra attenzione è soprattutto per i bambini che da noi imparano a scrivere, a leggere e a pregare. Al campo le persone vanno e vengono perché anche se al momento è il luogo più sicuro, non appena la situazione migliora, si cerca di tornare a casa, alle proprie attività.
Grazie a Dio siamo benedetti di avere la Messa quotidiana e di poter recitare il Rosario insieme. La vita di preghiera sostiene la nostra speranza e ci fa perseverare nell’azione cristiana supportata dall’opera benefattrice di quanti si sono stretti a noi in questo momento drammatico.  
Infatti non lavoriamo solo per le persone del campo profughi ma anche per gli altri, quelli che si sono rifugiati nella giungla. Ci occupiamo della distribuzione di cibo, di medicine di primo soccorso. Per noi suore è più facile ottenere i permessi per spostarsi, andare al mercato, portare i malati in ospedale per le visite mediche, e molto altro; per la gente comune è quasi impossibile, per questo ci mettiamo a disposizione per aiutarli. 
Non solo gli effetti devastanti della guerra civile, dobbiamo fare i conti anche con il numero crescente di casi di Covid-19. La pandemia, che è arrivata anche da noi, limita i nostri movimenti e le nostre attività. Il centro giovanile non è più soltanto un campo provvisorio per sfollati interni, ma anche un centro di quarantena, e dobbiamo osservare molte precauzioni per preservare la nostra salute e quella degli altri. 
La vita è difficile, ma è importante continuare a vivere giorno per giorno, rimanendo nella grazia di Dio e ringraziandolo per tutto ciò che abbiamo. Che Dio ci benedica e ci conceda la pace.

Sr. Lucia Baw Mya, OP.

Imeldine Myanmar vestiti

09-11-2021