La vita consacrata femminile

Suore imeldine

Umile candela chiamata ad illuminare il mondo con la carità di Cristo

Il 2 febbraio, festa della Presentazione di Gesù al tempio, si celebra la giornata mondiale della vita consacrata cioè di tutte quelle persone che Dio ha chiamato a seguire Gesù vivendo, per quanto possibile, come Lui stesso ha vissuto: povero, casto, obbediente, spendendo le sue energie per l’annuncio del Vangelo, condividendo la sua vita e missione con quelli che volevano vivere come Lui.

Tutti possono dire qual è il ruolo di un sacerdote, ma quanti capiscono il senso della vita delle suore, oppure dei frati?

Le suore non hanno un ruolo definito. Le definiscono la loro vocazione di discepole di Gesù nella misura in cui tocca realmente la loro vita, trasformandola in una vita spesa in momenti di preghiera e in aiuti concreti offerti agli altri, con le forze e i talenti di cui dispongono. Una scelta che non risparmia dalle fatiche, dai difetti, dalla necessità di lasciarsi curare dall’amore di Dio.
La vita consacrata, in modo particolare quella femminile, è simile alle candele che accendiamo in questo giorno all’inizio della celebrazione eucaristica: un piccolo segno della luce di Cristo e dell’amore che tutta la Chiesa ha per Lui; una presenza fragile e discreta che potrebbe passare inosservata nel mondo di oggi, specialmente in Occidente. Ma, come la fiammella che scalda la mano di chi la tiene e brilla nell’occhio di chi la guarda, così la presenza discreta di tante donne consacrate porta, anche dove non arriva un sacerdote, il calore dell’ascolto e del sorriso, la luce di un consiglio, di una preghiera, di una mano che aiuta, conforta…

“Quando io sono andato sabato a visitare quell’ospedale, gli ammalati, tutti, dicevano: “Ma che buone le suorine!”

Papa Francesco stesso racconta: 
«Ricordo una volta, nella diocesi, quella che avevo prima, all’ospedale le suorine erano anziane, austriache, davvero non avevano vocazioni e con tanto dolore sono dovute tornare in patria. E quell’ospedale è finito senza suore. Ma c’era là un sacerdote coreano, che si è mosso e ha portato suorine dalla Corea. Ne ha portate quattro, e sono arrivate, tutte giovani. Sono arrivate di lunedì e il mercoledì sono scese nei reparti. Quando io sono andato sabato a visitare quell’ospedale, gli ammalati, tutti, dicevano: “Ma che buone le suorine, ma che bene mi hanno fatto!”. Io ho pensato: “Ma queste coreane, di spagnolo sanno lo stesso che io so di coreano; e come gli ammalati possono dire: Che buone le suorine?”. Ma loro, con il sorriso, prendevano loro la mano, li accarezzavano, e con questo sono arrivate al cuore del popolo di Dio (…) della carne sofferente di Gesù.
Quando c’è una vita così, non parlare una lingua e vivere in un Paese dove si parla quella lingua, è una povertà impressionante, è una grande povertà. E queste suore vivevano questa condizione, ma con pace e facevano tanto bene (...) questa è una psicologia che allontana quella della sopravvivenza; è una psicologia della costruzione del Regno di Dio»

Fonte: Visita Pastorale a Cesena e Bologna: Incontro con i Sacerdoti, Religiosi, Seminaristi del Seminario Regionale e Diaconi Permanenti, nella Cattedrale di San Pietro (Bologna, 1° ottobre 2017) | Francesco (vatican.va)

Preghiamo per le donne consacrate e per tutti i consacrati che Dio ha posto come umili candele in mezzo al suo popolo affinché l’amore di Cristo trasformi in luce tutta la “cera” della loro vita per il bene della Chiesa e dell’umanità.
 

02-02-2022