La predicazione di Domenico e i Magi

L’adorazione dei Magi di Andrea Mantegna

Padre Giocondo Lorgna in una lettera circolare alle suore Imeldine da lui fondate (scritta attorno al 1924) invita a guardare simbolicamente ai doni dei Magi come invito che Gesù fa al dono di sé stessi.

“Mie figlie. Oggi è la cara festa dell’Epifania e non dubito che voi tutte offrirete a Gesù i mistici doni del vostro amore, della preghiera e dei sacrifici simboleggiati appunto nell’oro, nell’incenso e nella mirra”.

E continua invitandole a vedere nella loro situazione la possibilità di rivivere eucaristicamente l’evento dell’Epifania: 
il Tabernacolo è la vostra Betlem e il vostro Presepio e quindi se amerete santamente, pregherete attentamente e soffrirete religiosamente, di continuo darete a Gesù quei doni che Egli desidera da voi: l’amore, la preghiera, l’immolazione. 

Questa particolare dinamica del dono attinta all’Eucaristia: amore-preghiera-‘sofferenza religiosa’ mi fa pensare alla vita di San Domenico, ben assimilata dal suo umile figlio Fra Giocondo. 
Domenico predicava efficacemente perché il suo cuore era pieno di amore per Dio e per ogni persona che incontrava. Il beato Giordano di Sassonia, primo successore di Domenico alla guida dell’Ordine, ce lo ricorda chiaramente nel suo Libellum de principiis Ordinis Praedicatorum: Domenico “accoglieva tutti gli uomini nell’ampio seno della sua carità e perché tutti amava, da tutti era amato. Faceva suo quel motto: gioire con chi gioisce, piangere con chi piange. … si spendeva tutto per aiutare il prossimo e sollevarne le miserie (Pietro Lippini, S. Domenico visto dai suoi contemporanei, pp. 111, 112). E sappiamo che l’ignoranza dell’amore di Dio era per Domenico la miseria più grande che una persona potesse avere.

Il cuore di Domenico era ferito dalla miseria umana che incontrava in sé e al di fuori di sé. Paul Murray O.P. (Il vino nuovo, p. 33) giustamente osserva che la ferita di Domenico non è dovuta ad un’empatia naturale, ma è frutto di studio, di esperienza e di contemplazione. Potremmo dire, con Padre Giocondo, che l’amore e la preghiera attenta (contemplazione) di Domenico hanno maturato in lui la grazia di soffrire religiosamente e di poter presentarsi a Gesù con una vera capacità di far propria l’esperienza del dolore e delle necessità dei suoi simili. Una predicazione che scaturisca da questa esperienza umana e spirituale, anche oggi, a ottocento anni dalla morte di Domenico, può essere un criterio efficace per misurare il tenore, la verità della nostra predicazione e testimonianza cristiana. Con l’aiuto di questi due grandi santi e predicatori, possiamo essere anche noi oggi epifania, manifestazione di amore santo, di vera contemplazione, di vita donata senza risparmio.

Sr. Lorenza Arduin 

05-01-2022